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Paesaggio a Nord-Est
 Estate 1872: le vedute trevigiane
 di Giuseppe Ferretto

Quinto

 

 

 

 

 

 

dal 15 febbraio al 22 marzo 2003 presso la galleria di via Inferiore, 28 a Treviso
con i seguenti orari dalle 16,00 alle 19,30 (escluso domenica)
inaugurazione
sabato 15 febbraio ore 18.30
 

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Asolo

L'unità d'Italia era da qualche anno un dato di fatto ed indelebili nel ricordo di tutti gli abitanti di Treviso e della Marca Trevigiana restarono certe memorabili date, come quella del 13 luglio 1866, giorno in cui la Congregazione Municipale costituì il primo governo provvisorio dopo la sospirata affrancazione dal dominio austriaco. Un giorno degno di rimanere scritto a caratteri cubitali nella storia di un territorio e di un popolo capace di comprendere l'importanza dell'indipendenza. Ma l'epoca della gioia e delle feste di piazza era terminata, occorreva al più presto rimboccarsi le maniche al fine di progettare un futuro certamente migliore di quello che prospettava l'attualità. Le poche menti illuminate della politica e dell'economia si stavano impegnando nel tessere la trama di uno sviluppo verso il quale indirizzare questa giovane nuova Italia. Le spiccate caratteristiche di società rurale condizionavano il futuro sviluppo economico di tutta l'area veneta:

i commerci e l'industria faticavano a decollare ed il porto di Venezia (sostituito in importanza, durante l'occupazione austriaca, da quello di Trieste) languiva in una situazione disperata. La provincia di Treviso, ricca d'acque tanto da permettere un decente sviluppo di diversi tipi di industria, vedeva sia nel capoluogo (sede di officine meccaniche, fornaci di laterizi, mulini sia a turbina idraulica che a vapore) che in tutto il territorio (industria tessile, con la seta, le fibre vegetali ed il polo della lana tra Follina e Vittorio) i capisaldi della propria potenziale espansione economica. Nell'ambito delle iniziative volte al rinnovamento delle strutture civili e sociali la Deputazione Provinciale, nella persona del suo presidente, il cavalier Angelo Giacomelli (insigne figura di patriota ed industriale illuminato, dalla spiccata sensibilità artistica, che lo portò, tra l'altro, ad acquistare ed abitare la palladiana villa Barbaro a Maser)  promosse per il 1872 una "Esposizione Agricola, Industriale e di Belle Arti".

Fabbrica stearina e pila riso
(periferia sud di Treviso)


Stabilimento meccanico S.M. del Rovere (officina della Sociertà Veneta)

La rassegna, per quanto di livello regionale (ma allargata alle vicine regioni austriache che nel giro di qualche decennio sarebbero divenute anch'esse italiane), sarebbe stata di particolare utilità nell'evidenziare lo sforzo in atto anche nella Marca Trevigiana al fine di valorizzare le molteplici attività attraverso le quali stava cercando di risvegliare l'economia, per uscire dal difficile momento di stagnazione economica dovuto al trauma della trasformazione. Tra le iniziative atte a pubblicizzare il progetto per catturare l'interesse del pubblico una fu particolarmente interessante: quella di pubblicare un volume illustrato, che fosse nel contempo un souvenir dell'Esposizione, che evidenziasse le potenzialità economiche della realtà locale, ed un veicolo pubblicitario per le bellezze paesaggistiche della Marca Trevigiana. Con un gesto innovativo, almeno dal punto di vista grafico, fu affidato al fotografo trevigiano Giuseppe Ferretto l'onore di fornire le immagini a corredo del volume.

L'album, composto di 50 tavole fotografiche originali (complessivamente 54 immagini), introdotte ed illustrate dal massimo scrittore trevigiano dell'epoca Antonio Caccianiga, fu edito in un numero molto limitato di copie e rappresentò il punto massimo dell'opera di Giuseppe Ferretto che, grazie alla qualità di questo lavoro riuscì ad ottenere elogi e riconoscimenti a livello nazionale.

Roncade

Valle di Mareno

Pederobba

Il volume "Ricordo della Provincia di Treviso" (Treviso, Longo 1872) non è particolarmente rappresentativo per il solo fatto di essere commentato con fotografie all'albumina direttamente incollate sui fogli, tecnica innovativa all'epoca, con la quale si stava cercando di sostituire l'incisione e la litografia nel privilegio di illustrare le opere a stampa, ma anche perché in esso esiste traccia di un nuovo approccio estetico con il paesaggio e l'architettura della Marca Trevigiana. Significativamente nasce qui un nuovo oggettivo interesse verso quella Civiltà delle ville venete, caduta nell'oblio e nella dimenticanza, che solo nella seconda metà del Novecento troverà la giusta consacrazione grazie alla tenacia ed all'impegno di Giuseppe Mazzotti. Partendo dalle straordinarie tracce di matrice palladiana legate alla provincia (ville Emo a Fanzolo e villa Barbaro a Maser) esiste un tentativo di leggerne una continuità architettonica sul territorioper poter,  riallacciandosi a tale filosofia costruttiva, farsi condurre fino

agli ultimi episodi di villa Costantini in Ceneda (1862) e di villa Papadopoli a S.Polo (1865). Nello stesso ambito, degne di una particolare attenzione, si possono considerare anche le numerose vedute presenti di giardini di quelle stesse ville, spesso non subalterni alle costruzioni principali ed in alcuni casi soli rappresentanti dell'insieme, tanto da divenire gli ambasciatori della particolare sensibilità dei proprietari e dell'amenità dei luoghi.
Anticipatore in Giuseppe Ferretto fu sicuramente anche il tentativo di voler significare, rappresentandolo iconograficamente con attenzione, quel suo territorio natale che, pur tangente al percorso del Grand Tour ottocentesco, non rientrava tra le mete ottimali del turismo colto proveniente dall'Europa e dagli Stati Uniti (con l'esclusione della sola Asolo, già terra di conquista per il turista anglofono). 

Giardino Revedin Rinaldi
(Castelfranco)

Montebelluna

Dovrà trascorrere almeno un altro decennio, prima che le campagne fotografiche dei vari Brogi, Alinari e Sommer riescano a dilatare la curiosità dello studioso, dell'artista o del semplice viaggiatore, interessandolo anche alle entità storico-culturali di un'Italia minore, fino a quel momento sacrificata dalla partecipazione esclusiva verso le mirabolanti vestigia delle città storiche per eccellenza. Scorrendo ad una ad una le vedute ed andando al doveroso omaggio che il Ferretto rende ai centri urbani delle principali cittadine della provincia, nella tradizione delle precedenti iconografie sul territorio, illustrate dalle litografie di Marco Moro, dalle incisioni di Antonio Nani o di tutti gli altri autori minori che hanno attraversato i decenni tra la caduta della Repubblica Serenissima e l'Unità d'Italia, si comprende che il fotografo tenti di far scaturire dalle proprie immagini una ragione per il paesaggio del proprio tempo.

Ma questo elemento ambiguo ed indefinibile, rigorosamente identificabile nella sua purezza, ma talmente elastico da trasformarsi in continuazione, al fine di poter legare la sua identità ad ogni realtà storica (che è assolutamente delegato a rappresentare), è venuto sfuggendo tra le mani del pur abile fotografo tanto che spesso negli scorci, come nelle ampie vedute, egli fatica nel renderci edotti del fascino di un paesaggio che ancora oggi ci turba o ci rassicura. E' spesso leggibile sulle immagini, difatti, quasi il peso della dovuta presenza di tracce (indiscutibilmente dovute ai precisi dettami della committenza) legate alla rincorsa verso quella che è stata e sarà la civiltà di questa terra e dei suoi abitanti, nell'indicazione di impegno, di operosità e di qualità del lavoro. Tale traccia è riconoscibile grazie alla continua presenza, tavola dopo tavola, di manufatti ed architetture civili, quando non di officine ed opifici, soprattutto questi ultimi testimoni di uno sviluppo economico in fieri. 

Villa Giacomelli
a Maser

Il lago morto

Saranno comunque queste immagini (inserite probabilmente grazie ai desideri dello stesso presidente della Deputazione Provinciale, quell'Angelo Giacomelli illuminato industriale del settore meccanico) che faranno dell'album del Ferretto un volume antesignano relativamente alla tipologia iconografica di quella che oggi si chiama archeologia industriale, al tempo ancora poco indagata.E quando Giuseppe Ferretto può librarsi sul paesaggio morbido ed aperto, riesce a toccare livelli estetici elevati, come nelle vedute di Possagno, del lago Morto e di Pederobba, in cui perfino le condizioni meteorologiche eccezionalmente avverse l'hanno aiutato nel creare rarefatte e suggestive atmosfere. Il brutto tempo di quell'estate mise gravemente in crisi il lavoro del fotografo, costringendolo a continue sospensioni in attesa dell'illuminazione appropriata e creandogli notevoli difficoltà, dati i ristretti ed obbligati tempi di consegna del lavoro.

Lo stesso il lavoro eseguito (soprattutto nelle tre tavole sopra menzionate) si presenta egualmente molto suggestivo: un paesaggio scabro e sincero ci viene incontro, inondando il nostro sguardo di atmosfere che ormai fanno parte solo del ricordo. Una grande testimonianza, dunque, che ci dia coscienza di quanto questo nostro paesaggio continui ad esistere e a muoversi ed a deformarsi in questa sua elastica dimensione, che deve essere assecondata e considerata, giorno per giorno, attimo per attimo, senza tregua, senza un abbassamento di guardia, perché noi siamo il paesaggio che ci circonda.

Giuseppe Vanzella (2003)


Conegliano

 

 

 

 

 

 

 

"… Questa foresta così avvicendata, ora spaventosa, ora ridente, dove si saliva per viottoli tortuosi a punti di vista svariatissimi, dove si scendeva fra i precipizi in amenissime valli, in praticelli vellutati di musco, che invitavano al riposo fra i fiori e le piante; con una continua successione di silenzi solenni e di canti armoniosi, di voci arcane, di sibili acuti; quelle solitudini animate sovente da allegri banchetti sull'erba di numerose comitive, o dai sospiri amorosi di amanti felici, protetti da inestricabili labirinti di verdura … questa foresta ha tutto perduto; il vestimento e la favella, la ricchezza e l'estetica e finalmente la vita. – E' morta per sempre! … senza speranza di risorgere…"

Antonio Caccianiga (1823-1909)
da "Dalla campagna" Treviso,Zoppelli 1893

 


"… Nella giornata afosa un denso vapore copriva il cielo, le foglie sui campi stavano afflosciate, eravamo prossimi ai monti, ma non si potevano vedere tanto erano velati dalla foschia accaldata, nessun contadino era al lavoro nei campi e quando si giunse al torrente ci si accorse che era ridotto a pochi filoni di acqua tra la bianca distesa dei ghiaioni. Messa la macchina all'ombra di alcune acacie e trovato uno spazio verde si fece subito colazione… Il nostro riposo non fu lungo, mosche e formiche ci venivano ad assillare, rialzandomi non riuscivo a sapere quale ora fosse, il sole era nascosto dalla fumea di calore, i ghiaioni si stendevano deserti, non si intendevano suoni, né voci dal paese vicino, un'oppressione prendeva insieme a una sete amara…"

Giovanni Comisso (1895-1969)
Da "Il grande ozio" Milano, Longanesi 1964


 

"… Ma, solo se ci si infiltrava un poco, non molto lontano, in zone simili, tra i cedui e i grovigli di rovi e altro rameggiare e fogliare, sempre inseguito sopraffatto elevato ad intime trasfigurazioni dalla forza delle vitalbe, si poteva arrivare anche alla sede abbandonata di quella che era stata in altri tempi una strada provinciale. Ora essa era striminzita e dolcemente immiserita, umiliata divenuta quasi il vivente fumo di se stessa, secondo la figura a tratti della carraia, a tratti di uno stretto e delicato viottolo, che poi bruscamente si allargava mostrando intatta la terra battuta, e quasi bianca (ancora!) dell'originale aspetto… "

Andrea Zanzotto (1921-vivente)
Da "Sull'altopiano e prose varie" Vicenza, Neri Pozza 1995

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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